L’Orto botanico di Palermo si sviluppò proprio in un’epoca nella quale lo studio delle piante era visto come un progresso scientifico e quello economico.
Per questo, le campagne di esplorazione erano affiancate da spedizioni scientifiche con il compito di studiare e classificare tutto il materiale raccolto e di farlo confluire negli erbari e nelle serre dei grandi orti botanici del Nord.
Da questi orti, molte piante venivano trasferite in quelli più meridionali e, soprattutto, nell’Orto di Palermo. Molte specie sconosciute o non ben classificate, venivano studiate e coltivate negli aspetti tassonomici ed economici. Per questa condizione privilegiata, la scuola botanica locale assunse notevole rilievo e attendibilità anche rispetto alle sedi in cui operavano i maggiori specialisti della flora esotica tropicale.
Questi rapporti con gli orti botanici settentrionali si svilupparono maggiormente tra la seconda metà dell’800 e i primi decenni del ‘900. Estremamente importante fu il collegamento con l’Orto botanico di Berlino, sotto la direzione di Adolf Engler, e quello con le regioni d’origine di molte specie esotiche.
A testimonianza di questo ruolo, oggi restano le vaste collezioni scientifiche ricche di specie e generi i cui nomi sono dedicati agli specialisti palermitani che li studiarono correttamente per primi. Tra questi si ricordano Borzicactus e Consolea, dedicati a Borzì e a Console, rispettivamente direttore e curatore dell’Orto, e Aloe riccoboni, qui riprodotta, il cui epiteto specifico è dedicato a Riccobono, giardiniere capo dell’Orto.
Collinetta Mediterranea
Nella porzione orientale dell’Orto si colloca anche la “collinetta mediterranea” posta a ridosso dell’area occupata dal gasometro in prossimità del muro di cinta che separa l’Orto dalla via Tiro a Segno.
In essa sono ospitate alcune significative espressioni della flora spontanea locale tra cui Phlomis fruticosa, Urginea maritima, Euphorbia rigida, Euphorbia dendroides, Rhus pentaphylla, Lomelosia cretica, Ephedra fragilis, ecc…
Le Palme – Palmetum
Le palme sono un’antica forma vivente con fossili che risalgono al tardo cretaceo (circa 70-80 milioni di anni fa), ma non è escluso che possano essere esistite forme riferibili a questo taxon, prima di questa era.
Il polline di Nypa fruticans, specie che oggi vive solo ai tropici, è stato ritrovato in sedimenti risalenti all’eocene (circa 50 milioni di anni fa), nelle vicinanze di Londra. Linneo chiamava le palme ‘Principes’; egli riconobbe le palme come un gruppo tassonomico distinto e ne descrisse molte specie.
Le palme, monocotiledoni, sono piante legnose perenni unisessuali o bisessuali, con una distintiva corona di foglie, che si riproducono per semi o, più raramente, per via vegetativa. Molte specie hanno uno stipite evidente, altre molto ridotto ed alcune sotterraneo (acauli). Esistono forme rampicanti con fusti esili a crescita indeterminata, prodotti da rizomi sotterranei. La maggior parte hanno uno stipite solitario, ma alcune, cespitose, producono stipiti multipli da polloni basali; ogni specie è solitamente ben caratterizzata ma entrambi gli habitus possono essere presenti in uno stesso genere (Licuala, Hyphaene, ecc..).
Le foglie, in generale, sono molto evidenti e possiedono una forma caratteristica; alcune palmata (Washingtonia) o costapalmata (Sabal), altre pennata (Phoenix); un gruppo molto distinto ha foglie bipennate (Caryota).
La foglia più lunga si riscontra nella palma da raffia dell’Africa centrale (Raphia regalis); ognuna di queste foglie può raggiunge 25 m di lunghezza. Molte altre specie del genere Raphia, producono foglie che superano i 20 m.
Il tempo necessario per giungere alla maturità sessuale è molto variabile; in alcune specie dopo 3 o 5 anni, in altre sono necessari 40 anni.
Molte specie producono infiorescenze regolarmente per tutta la loro vita (policarpiche), altre hanno un ridotto processo di fioritura (monocarpiche). Queste ultime producono infiorescenze da ogni asse fogliare e l’intera pianta muore dopo che la più bassa infruttescenza matura (Arenga pinnata, Caryota urens). Sono anche monocarpiche palme pollonifere (Caryota mitis), ma soltanto con un singolo stipite che muore, sempre quando la più bassa infruttescenza matura.
I fiori delle palme, prodotti in gran numero, sono generalmente piccoli, insignificanti e a volte, profumati; sono unisessuati o bisessuati e non è insolito per i fiori unisessuati, essere distribuiti nella stessa infiorescenza.
Le infiorescenze più grandi vengono prodotte dalle diverse specie riferibili al genere Corypha. L’imponente infiorescenza a candelabro di Corypha umbraculifera, specie monocarpica, è probabilmente la più grande di tutte; è stato osservato che una singola infiorescenza può portare fino a 10.000.000 di fiori.
Sono specie generalmente anemofile, ma oggi è noto che molte sono impollinate da insetti. I frutti delle palme sono variabili; possono essere piccoli e portati in abbondanza o grandi e poco numerosi nella stessa infruttescenza (Cocos nucifera). Frequentemente sono molto colorati, per attirare gli agenti ‘dispersivi’ ed è spesso presente un mesocarpo carnoso appetito da uccelli e altri animali.
Le palme comprendono alcune specie inusuali e interessanti. Forse non è molto noto che i semi, le infiorescenze e le foglie più grandi che si riscontrino nel regno vegetale appartengono proprio alla famiglia Palmae. Il seme più grande è quello della doppia noce di cocco (Lodoicea maldivica) delle Isole Seychells; ognuno di questi può pesare più di 20 Kg.
Un confronto fra le altezze minime e massime può essere fatto fra le specie acauli e quelle fornite di stipite. Tra le prime sono comprese la palma lillipuziana del Paraguay (Syagrus lilliputiana), alta solo 10-15 cm a maturità o le palme elfin (Chamaedorea stenocarpa e C. pygmaea) del centro e del sud America, spesso alte solo 50 cm.; tra le seconde le palme wax delle Ande (Ceroxylon quindiuense e C. alpinum) che sono realmente gigantesche, capaci di produrre stipiti che raggiungono 60 m di altezza. Fra le specie di maggiori dimensioni figurano anche: Copernicia fallaensis, Corypha umbraculifera, Jubaea chilensis e Lodoicea maldivica.
Nell’ultimo decennio si è realizzato nell’Orto botanico di Palermo un nucleo, formato da due ampie aiuole, denominato Palmetum, dove si possono osservare le seguenti specie:
- Archontophoenix alexandrae
- Archontophoenix cunninghamiana
- Arenga engleri
- Brahea armata
- Butia capitata
- Caryota mitis
- Chamaedorea ernesti-augusti
- Chamaedorea metallica
- Chamaedorea oblongata
- Chamaerops humilis
- Dypsis decaryi
- Jubaea chilensis
- Livistona decipiens
- Livistona mariae
- Phoenix reclinata
- Phoenix roebelinii
- Ravenea rivularis
- Rhapis excelsa
- Rhopalostylis cheesemanii
- Rhopalostylis sapida
- Sabal bermudana
- Sabal minor
- Serenoa repens
- Syagrus romanzoffiana
- Trithrinax campestris
La maggior parte delle palme è originaria delle regioni calde del mondo; solo poche specie hanno origine nelle regioni aride. Dei circa 200 generi, solo uno è rappresentato allo stato spontaneo soprattutto nell’area del Mediterraneo europeo con la specie volgarmente nota con il nome di “palma nana” o di “San Pietro”.
Il clima siciliano consente la coltivazione di molte palme esotiche e di esse è particolarmente ricco l’Orto botanico la cui collezione, in piena terra o in vaso, comprende ben 34 generi e circa 80 specie.
Il genere Washingtonia è completo con le due specie W. Filifera che per la prima volta fiorì proprio a Palermo e W. Robusta. Nel genere Phoenix, oltre alla “palma da datteri” (Phoenix dactylifera) figurano P. rupicola, P. reclinata, P. canariensis, P. teophrastii, originaria di Cipro e della costa turca.
Nella collezione sono presenti numerosi altri generi quali Chamaedorea, Trachycarpus, Brahea, Sabal, Erythea, Livistona, Howea, ecc.
Il Cycadetum
Le cicadee, nell’Orto botanico di Palermo, vantano un’antica tradizione. La collezione all’inizio dell’ottocento era rappresentata da pochi reperti che oggi possiedono una straordinaria importanza storica poiché documentano l’introduzione in piena terra, in Europa, di un taxon rappresentato in natura allo stato relittuale solo nelle flore degli altri continenti.
La prima cicadea entrata nell’Orto botanico di Palermo è Cycas revoluta, di origine giapponese. Donata dalla regina Maria Carolina nel 1793, è stato il primo esemplare, peraltro di sesso femminile, di questa specie collocato in piena aria in Europa e si deve principalmente all’Orto botanico di Palermo la sua capillare diffusione, per via agamica, in tutti i giardini storici siciliani.
Durante tutto l’ottocento fino ai primi anni del novecento furono posti a dimora Ceratozamia mexicana, zamiacea di origine americana, Dioon edule, altra di origine messicana, con strobili femminili lanosi e foglie glauche e Cycas circinalis, elegante cicadacea della penisola indiana. Si può ritenere che oggi, gli esemplari di quest’ultima specie siano i più imponenti coltivati in piena aria in Europa. Queste cicadee “storiche” sono distribuite in differenti aree e, per le dimensioni e la vigoria che manifestano, possono sicuramente essere considerate di grande interesse botanico.
Nel 1997, la collezione palermitana si arricchisce grazie all’acquisizione di diversi esemplari, di particolare pregio. Sono da ricordare: Encephalartos longifolius, Encephalartos altensteinii, Encephalartos woodii × natalensis e Macrozamia moorei, con due esemplari, uno maschile e l’altro femminile.Nasce così nell’Orto botanico palermitano un nuovo importante settore denominato Cycadetum, posto di fronte al celebre e monumentale Ficus (F. macrophylla subsp. columnaris).
Dato il numero relativamente esiguo di specie appartenenti all’ordine Cycadales, nell’impianto si è privilegiata una disposizione basata sia sulle esigenze di luminosità, compatibilmente alle condizioni attuali dell’area con le preesistenti alberature, sia sulle potenziali dimensioni a maturità dei reperti impiantati.
Le forti valenze scientifiche, come l’importanza conservazionista, la prospettiva di ottenere materiale da seme usando l’impollinazione artificiale e l’opportunità di studiarne la fenologia e le caratteristiche morfo-funzionali all’aperto e in piena terra, si connettono intimamente con l’elevato valore estetico che le cicadee possiedono.
La collezione è rappresentata, attualmente, da circa un quinto dei taxa conosciuti. Si riportano di seguito alcune delle specie, con le relative origini geografiche, ospitate in seno al Cycadetum:
- Ceratozamia mexicana – Messico
- Ceratozamia mexicana varietà longifolia forma fusco-viridis – Messico
- Dioon edule – Messico
- Dioon spinulosum – Messico
- Encephalartos altensteinii – Sud Africa
- Encephalartos arenarius – Sud Africa
- Encephalartos horridus – Sud Africa
- Encephalartos longifolius – Sud Africa
- Encephalartos villosus – Sud Africa
- Encephalartos woodii × natalensis (da impollinazione artificiale) – Sud Africa
- Macrozamia communis – Australia
- Macrozamia moorei – Australia
- Zamia floridana – Florida, USA
- Zamia furfuracea – Messico
Le Piante Carnivore
Le piante carnivore sono piante di modeste dimensioni, che comprendono circa 600 specie appartenenti a 15 generi di diverse famiglie distribuite in tutti i continenti.
Vivono negli acquitrini, nelle torbiere o in altri habitat poveri di azoto alla cui carenza sopperiscono mediante la digestione enzimatica di piccoli animali, soprattutto insetti. Nel corso dell’evoluzione hanno modificato le loro foglie in strutture specializzate allo scopo.
Nell’Orto si coltivano alcune specie dei generi Drosera (D. longifolia, D. rotundifolia), Nepenthes (N. distillatoria), Sarracenia (S. purpurea) e Dionaea (D. muscipula).
Le Cicadee
Le cicadee sono veri e propri fossili viventi dalle eleganti foglie, simili a palme.
Nell’Orto vivono bene da lungo tempo all’aperto il sagù e il falso sagù, Cycas revoluta e C. circinalis, rispettivamente originarie del Giappone e della penisola indiana. Di più recente introduzione sono Ceratozamia mexicana, Dioon edule e Zamia furfuracea, tutte provenienti dal Messico, e ad alcune specie del genere africano Encephalartos.
Le Succulente
Ai margini del “sistema di Engler” corre il lungo e ombroso viale Montemartini: è sul lato opposto che trovano sede alcuni ordinamenti bioecologici e in particolare il Giardino delle succulente, costituito da specie di Aloe, Cereus, Crassula, Euphorbia e Opuntia.
Le Felci
Le felci o “piante senza fiore” o “crittogame vascolari” comprendono circa 10.000 specie.
Hanno origini molto antiche e i loro antenati sono i principali costituenti dei giacimenti di carbon fossile. Le specie spontanee in Italia sono circa 60.
Alcune felci come il capelvenere sono facili da coltivare e rientrano fra le piante ornamentali più popolari. Fra i generi coltivati nell’Orto, in serra e in piena aria, figurano Platycerium, Adiantum, Asplenium.
I Ficus
Moraceae, a cui appartiene il genere Ficus, è una famiglia botanica presente in gran parte nelle aree tropicali, seppure con diversi esempi in zone sub-tropicali e nord temperate. Il genere Ficus ha il suo centro di diversità in Asia e Australia. Gran parte delle piante di questo genere si riscontrano nelle foreste umide tropicali, ma molte specie si trovano anche in areali più asciutti o sub-tropicali, in macchia-foresta, o anche come alberi isolati nelle savane.
Per ciò che concerne gli habitus, oltre ad alberi, arbusti e liane, nel genere Ficus si riscontrano, alcune emi-epifite e i famosi Necat-plantas, i fichi strangolatori. Le specie di questi ultimi 2 gruppi germinano generalmente su altri alberi, sviluppandosi inizialmente come epifite. In seguito, le abbondanti radici aeree avventizie, raggiungendo il suolo si accrescono e si ramificano, fino ad avvolgere completamente la pianta ospite che, molto spesso, soccombe per competizione o per sconquasso (Ficus macrophylla subsp. columnaris). Le particolari infiorescenze dei fichi sono chiamate siconi. La speciale relazione tra i fichi ed i loro impollinatori ha attirato l’attenzione sin dai tempi dei romani, ed ha portato ad accumulare moltissima letteratura in merito. Il sistema di impollinazione nel genere Ficus si può definire come uno stretto mutualismo specie-specifico tra la pianta e l’insetto che si trovano ad essere del tutto dipendenti l’uno dall’altro per la loro riproduzione.
Un’altra caratteristica peculiare della famiglia delle moracee è il latice bianco che viene utilizzato per esempio come veleno per frecce, colla e, principalmente, come materia prima per la gomma e il caucciù (Ficus elastica).
Nell’Orto botanico di Palermo, nei primi anni del secolo scorso, A. Borzì, incoraggiato dai consigli del Prof. Schweinfurth, noto esploratore e botanico dell’epoca, analizzò il latice di Ficus magnolioides (oggi chiamato F. macrophylla subsp. columnaris) come possibile sorgente di caucciù. Ma nonostante gli esemplari di questa specie ne producessero, in primavera, abbondanti quantità che lasciavano sperare un uso in tal senso, gli studi chimici di Harries, giunto a Palermo in quegli anni per compiere delle ricerche sui latici di alcune specie di Ficus coltivati nel nostro Orto botanico, rilevarono nel latice di questo fico la presenza di una scarsissima quantità di gomma elastica.
Gli esemplari di Ficus, spesso dalle caratteristiche monumentali, sono distribuiti in modo puntuale in tutta l’area dell’Orto botanico.
Si riportano alcuni taxa ospitati:
-
- Ficus altissima
- Ficus aspera
var.
-
- parcelli
- Ficus benghalensis
- Ficus benjamina
- Ficus bibracteata
- Ficus carica
- Ficus elastica
- Ficus elastica
var.
-
- decora
- Ficus elastica
var.
-
- variegata
- Ficus heterophylla
- Ficus hispida
- Ficus indica
- Ficus infectoria
- Ficus lyrata
- Ficus macrophylla
subsp.
-
- columnaris
- Ficus magnifolia
- Ficus microcarpa
- Ficus palmata
- Ficus pumila
- Ficus religiosa
- Ficus rubiginosa
- Ficus rubiginosa
var.
- australis
- Ficus sycomorus
- Ficus watkinsiana